San Sebastiano
La "ricostruita" chiesa di S. Sebastiano
La chiesa di S. Sebastiano, ora distrutta e scomparsa[1], la cui facciata si ergeva in fondo al cortile del nostro Liceo[2], dopo il crollo della cupola dovuto ad un collasso strutturale avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 maggio del 1941, fu del tutto demolita negli anni '50 e '60 del '900. Veniva, così, cancellato dalla vista un topos della rappresentazione urbana: l'alta cupola di fra Nuvolo, coperta di riggiole maiolicate[3]. Essa si stagliava al di sopra della muraglia angioina, come si vede nel quadro di Micco Spadaro La peste al Largo del Mercatello del 1656 e in altre immagini, fino alle foto Alinari.
La chiesa e il monastero avevano una storia di sedici secoli documentata negli archivi napoletani, nelle piante e nelle guide antiche della Città[4]. La fondazione della chiesa veniva fatta risalire all'imperatore Costantino. All'abate del monastero basiliano ad essa annesso il papa Gregorio Magno alla fine del '500 scrisse tre epistole, nel XII secolo il monastero prese la regola benedettina, infine nel 1425-26 papa Martino V assegnò il monastero alle monache domenicane. Queste provenivano dal monastero di S. Pietro a Castello (Castel dell'Ovo), fondato nel 1301 dalla regina Maria d'Ungheria, saccheggiato dai Catalani di Alfonso d'Aragona nel 1423. Le monache, appartenenti alle più famose famiglie aristocratiche napoletane, abitarono in S. Sebastiano fino al 1808, quando fu soppresso dai Francesi, che vi sistemarono il Collegio di musica. Questo fu trasferito nel 1826 a S. Pietro a Majella e i locali furono assegnati ai Gesuiti, che vi aprirono le loro scuole. Nel 1861 il monastero divenne la sede del Liceo ginnasiale Vittorio Emanuele II con annesso Convitto.
Una storia lunga, dunque, complessa, suggestiva, che ha coinvolto dall'anno scolastico 2002-03 un gruppo di docenti (C.G. Ali, C. Carrino, R. Ruggiero) in un progetto di ricerca coordinato da chi scrive, dirigente del Liceo dal settembre 2001. Il lavoro ha trovato una prima presentazione in una cinquantina di pannelli esposti in una mostra nel maggio 2005. Non si è trattato solo di studiare, ma anche di riconoscere, attraverso una entusiasmante ricerca, i "resti" della chiesa e del monastero: i capitelli di piperno della chiesa quattrocentesca, il portale di piperno su Via S. Sebastiano ed i frammenti di marmo della chiesa secentesca; il conventino dei frati che servivano le monache in temporalibus et spiritualibus (attuale edificio "Campagna" del Liceo), le sei aule con volte a crociera, i frammenti murari ancora presenti nell'area di sedime della demolita fabbrica, la vinella che divideva il muro di clausura dai palazzi di via S. Sebastiano e via Port'Alba; il chiostro trecentesco, il chiostro grande e la statua di S. Rosa nelle pertinenze del Convitto; l'altare maggiore e le sedici lesene smontati a S. Sebastiano nel 1947 e rimontati in S. Maria della Stella; quattro statue di sante domenicane (S. Caterina da Siena, S. Agnese da Montepulciano, S. Rosa, S. Caterina de' Ricci) delle otto che erano in S. Sebastiano collocate, forse al momento della soppressione, nel Chiostro delle statue, in S. Domenico Maggiore.
Sono stati compagni di viaggio diversi studenti nei quali abbiamo potuto osservare gli effetti emotivi suscitati dalla storia rivissuta, che mette fatti e manufatti in sequenza cronologica, connette aspetti eterogenei, ricompone i frammenti in unità, illumina di luce nuova i luoghi attraversati, sfiorati, visti per anni, inconsapevolmente. La monografia di Raffaele Ruggiero[5] doveva essere un capitolo dedicato agli aspetti artistici e architettonici della chiesa di S. Sebastiano nell'ambito di una più ampia storia del monastero. Invece esso è cresciuto acquistando una dimensione autonoma. L'autore ci fa ripercorrere il lungo processo di ricostruzione della chiesa in forme barocche, interrotto da guerre, specie tra gli Spagnoli e i popolari nel 1647-1648, e terremoti (particolarmente rovinosi quelli del 1688, del 1694 e del 1732); ci fa scorrere sotto gli occhi la sequela di architetti famosi (Fanzago, fra Nuvolo, D. Lazzari, E.A. Picchiatti, Sanfelice); scultori, pittori, marmorari, pipernieri, fabbricatori, mastri d'ascia, indoratori, riggiolari (i ben noti Massa e Barberio); ricostruisce la chiesa e ci guida in essa illustrandocene con puntuali e documentate analisi l'architettura, le statue, i quadri. Su quell'area di sedime, che con un termine antico si direbbe "vacuo", possiamo ora immaginare, chiudendo gli occhi, di rivedere la chiesa. Per la prima volta si sono raccolte tutte le testimonianze storiche, topografiche, artistiche, archivistiche e bibliografiche in un'opera che potrà dire qualcosa anche agli storici dell'arte e dell'architettura, ma che sarà, innanzitutto, un utilissimo strumento didattico, che mettiamo nelle mani di professori, studenti, genitori e cittadini del quartiere. E significativo che la cucitura di una grave ferita inferta al nostro patrimonio sia effettuata, anche se solo sul piano simbolico, da un Liceo, che intende fare della memoria storica un fattore identitario ed un legame di appartenenza ad una comune civiltà.
Ci auguriamo che il nostro lavoro possa essere di stimolo ad altre scuole allogate in antichi monasteri[6]. Durante il percorso abbiamo scoperto che il nostro interesse intersecava la ricerca storica moderna, che da circa tre decenni ha fatto della condizione femminile, e di quella monacale in particolare, l'oggetto di vasti e profondi studi[7]. Abbiamo incontrato gli storici Filippo lappelli S J., Michele Miele O.P. e Adriana Valerio, Presidente della Fondazione P. Valerio per la storia delle donne[8], che ci ha offerto l'opportunità di pubblicare la storia del monastero di S. Sebastiano in preparazione. Con Antonella Ambrosio, direttrice della Sezione medievale del Laboratorio di storia della documentazione del Dipartimento di discipline storiche dell'Università Federico II, abbiamo stipulato un accordo di programma con l'obiettivo di avvicinare gli studenti allo studio dei documenti pergamenacei provenienti dall'antico archivio di S. Sebastiano. Un gruppo di studenti delle prime e seconde liceali, assistiti dai docenti G. Aricò, F. Innangi, R. Ruggiero e da chi scrive, con il supporto scientifico della Fondazione e del Laboratorio saranno, in tal modo, avvicinati alle fonti della storia (archivistiche, cartografiche, bibliografiche, ecc.) per comprendere un aspetto della vita socio-culturale di genere, con particolare riferimento a S. Sebastiano, ma con uno sguardo d'insieme, anche mediante visite guidate, sui monasteri femminili della nostra zona, una vera e propria cittadella monastica, ignota quanto ricca di fascino.
Nella storia del Venerabile e Reale Monastero di S. Sebastiano in preparazione documenteremo la vita religiosa, il patrimonio e le interminabili liti giudiziarie ad esso relative, la vita quotidiana di tante generazioni di donne (educande, novizie, professe, converse, vedove e malmaritate), che, volontariamente o forzatamente, varcarono la porta della clausura.
Francesco Di Vaio
Note
1. G. ALISIO, Un'opera scomparsa di Fra Nuvolo: la chiesa di S. Sebastiano in La Facoltà di Architettura di Napoli, a cura di R. Pane, Napoli, 1959.
2. G. CANTONE, La distrutta chiesa di S. Sebastiano a Napoli e le sue vicende architettoniche, "Palladio", n. 5, 1990, pp. 45-62.
3. R. D'AMBRA, riproduzione litografica della chiesa in Napoli antica, Napoli 1889, in cui si legge, sulla destra della chiesa, l'iscrizione Regio Liceo Vittorio Emanuele soprastante l'ingresso. Si possono vedere, per farsene un'idea, le altre cupole di fra Nuvolo: quella di S. Maria della Sanità dall'omonimo Ponte e quella di S. Maria di Costantinopoli dall'interno dell'omonima Scuola media. Il tratto di muraglia angioina, lasciato intatto nell'amplia-mento di don Pedro di Toledo, fu coperto dall'emiciclo vanvitelliano nel 1757.
4. Nell'Archivio di Stato di Napoli nel fondo delle Corporazioni Religiose Soppresse la serie di S. Sebastiano comprende circa 200 fasci (buste dal n. 1386 al n. 1563 v); nell'Archivio Storico Diocesano particolarmente interessanti sono i fasci 307-309, 315-316 del fondo Vicario delle monache; nella Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria sono rilevanti le pergamene (cfr. A. Ambrosio, Il monastero femminile domenicano dei SS. Pietro e Sebastiano. Regesti dei documenti dei secoli XIV-XV, Salerno, 2003, pp. XIX-XLIV). Si vedano, nel presente volume, le piante di A. Lafrery 1566, A. Baratta 1629, G. Carafa Duca di Noja 1750-1775, G. Astarita 1773. Si richiamano le guide di maggiore interesse: De Stefano 1560, D' Engenio 1623, Celano 1692, Sigismondo 1788, Galante 1872.
5. RAFFAELE RUGGIERO, La Chiesa del Real Monastero dei Santi Pietro e Sebastiano, Napoli, Nella Sede del Liceo Vittorio Emanuele II, 2009.
6. Quanto i monasteri e le loro chiese esterne fossero preponderanti sul piano urbanistico (e quindi storico, artistico, economico, sociale), si può rilevare dalla loro densità, citando solo quelli femminili, nella nostra zona: S. Chiara (clarisse, ancora attivo); Croce di Lucca (carmelitane), Sapienza (domenicane), S. Andrea delle Dame (agostiniane), Gesù delle monache (francescane), S. Gaudioso (benedettine), S. Patrizia (benedettine), SS. Marcellino e Festo (benedettine), Donnaromita (benedettine), S. Antoniello (francescane), tutti soppressi o demoliti, utilizzati dall'Università Federico II; S. Giovanni Battista delle Monache (domenicane), il cui monastero è sede dell'Accademia delle Belle Arti; nel Conservatorio per fanciulle povere di S. Maria di Costantinopoli c'è una scuola media; in S. Polito (benedettine) è insediato il Comando regionale dei carabinieri; S. Gregorio Armeno (benedettine), S. Croce di Gerusalemme (francescane), Regina Coeli (canonichesse lateranensi, dal 1812 le suore della carità) e S. Giuseppe dei Ruffi (agostiniane, poi sacramentine) sono ancora attivi. Le chiese della Sapienza e di S. Giovanni Battista in via Costantinopoli, perennemente chiuse e in stato di squallido abbandono, riassumono in modo esemplare il degrado materiale civile e morale della nostra città.
7. G. BOCCADAMO, Una riforma impossibile? I papi e i primi tentativi di riforma dei monasteri femminili di Napoli, "Campania Sacra", 21,1990, pp. 96-122; Dinamiche di poteree vita comunitaria nella gestione dei monasteri di clausura, in M. SPEDICATO, A. D'AMBROSIO, 2001, pp. 77-106. A. FACCHIANO, Monachesimo femminile nel Mezzogiorno medievale e moderno, in G. ZARRI, 1997, pp. 169-191. G. GALASSO, A. VALERIO (a cura di), Donne e religione a Napoli secoli XVI-XVIII, Milano, 2001. M. MIELE, Sisto V e la riforma dei monasteri femminili a Napoli, "Campania Sacra", 21, 1990, pp. 123-204; Monache e monasteri del Cinque - Seicento tra riforme imposte e nuove esperienze, in G. GALASSO, A. VALERIO, 2001, pp. 91-138. E. NOVI CHAVARRIA, Monachesimo femminile nel Mezzogiorno nei secoli XVI-XVII, in G. ZARRI, 1997, pp. 339-367. E. NOVI CHAVARRIA, a cura di, La città e il monastero. Comunità femminili cittadine nel mezzogiorno moderno, Napoli, 2005; Monache e gentildonne. Un labile confine. Poteri politici e identità religiose nei monasteri napoletani. Secoli XVI XVII, Milano, 2001. C. RUSSO, I monasteri femminili di clausura a Napoli nel secolo XVII, Napoli, 1974. L. SCARAFFIA, G. ZARRI (a cura di), Donne e fede, Roma-Bari, 1994. M. SPEDICATO, A. D'AMBROSIO (a cura di), Oltre le grate. Comunità regolari femminili nel Mezzogiorno moderno fra vissuto religioso, gestione economica e potere urbano, Bari, 2001. G. ZARRI, Recinti. Donne clausura e matrimonio nella prima età moderna, Bologna, 2000. G. ZARRI (a cura di), Il monachesimo femminile in Italia dall'alto Medioevo al secolo XVIII, S. Pietro in Cariano (Verona), 1997.
8. ADRIANA VALERIO ha pubblicato recentemente due volumi in cui ha tracciato la mappa dei monasteri femminili napoletani: I luoghi della memoria. Istituti religiosi femminili a Napoli dal IV al XVI secolo, Napoli 2006; I luoghi della memoria. Istituti religiosi femminili a Napoli dal 1600 al 1861, Napoli 2007.
Estratto da R. RUGGIERO, La Chiesa del Real Monastero dei Santi Pietro e Sebastiano, Napoli, Nella Sede del Liceo Vittorio Emanuele II, 2009, pp. 9-12.